Alfredo Ascani // Un Editore coraggioso

Un Editore coraggioso

Nelle mie passeggiate pomeridiane, eseguite nel centro storico di Roma, i miei passi mi conducono invariabilmente presso vecchie librerie che offrono libri usati, ma non disdegno d’intrattenermi nelle bancarelle dove pile di libri vetusti e impolverati attendono l’ignota mano dell’amatore, che rovista, discerne e poi invariabilmente acquista.

Pochi giorni or sono il mio occhio fu attratto da un classico della letteratura americana "Furore", questa la traduzione del titolo originale "The Grapes of Wrath" di John Steinbeck. Ricordavo il film visto decenni or sono, credo nel 1960, il film fu girato nel 1940 da John Ford, vinse due Oscar, uno per la regia, ed uno per l’attrice non protagonista (Darwell) che interpretava la madre di Tom Joad, questo personaggio era invece Henry Fonda. Un film in b/n rigoroso nella struttura nella trama, nei personaggi. La crisi del 1929 aveva creato in USA, un dramma, migliaia di persone si dirigevano verso la California alla disperata ricerca di un lavoro, nel film giganteggiava lo striminzito camioncino che trasportava la famiglia di Tom, ricordavano i carri che un secolo prima avevano trasportato coloni alla conquista dell’ovest americano.

Ecco, avevo trovato il libro che mi narrava le vicende che avevo visto al cinema cinquanta anni prima. Editore Bompiani, anno diciottesimo EF; quindi 1940, traduzione di Carlo Coardi, ma quello che più mi colpì fu la 3° edizione, messa in bella mostra sia sul dorso sia sul frontespizio.

Perbacco, nel 1940 il libro era già alla 3° edizione, ero simpaticamente meravigliato. Io nel 1940 avevo quattro anni, e ricordavo quegli anni come estremamente modesti, almeno nella mia famiglia, che rappresentava come cultura e come possibilità economiche la stragrande maggioranza della popolazione italiana. Pochissimi compravano libri, ricordavo invece un proficuo scambio di libri nelle famiglie del palazzo, ma erano opere di Salgari di Motta di Verne ed anche i così detti libri rosa che leggevano le giovani ragazze del palazzo; che aveva ben quattro scale, mia sorella che era molto più grande ne era una lettrice accanita. La piccola biblioteca della mia famiglia, aveva La Divina Commedia, Le memorie di Casanova, il Mantegazza,per i soli maschi, ed infine un grosso volume intitolato "I cornuti celebri". Erano presenti almeno altri 30 libri, ma non li ricordo più, quelli nominati destarono sempre la mia attenzione, adesso ricordo, c’era anche il Don Chisciotte, con le illustrazioni del Dorè. La letteratura americana nel mio palazzo era del tutto sconosciuta, almeno fino a dopo la guerra. Non credo di peccare di presunzione che quando nomino il mio palazzo; ossia dove io ero nato e crescevo; che non era certo di nostra proprietà , posso tranquillamente ampliarlo a tutto il popoloso quartiere Prati sottostante il Cupolone, ben pochi sicuramente conoscevano Steinbeck.

Invece oggi: nel 2010 scoprivo che Steinbeck nel 1940 , aveva avuto ben tre edizioni. Non potevo non acquistarlo, troppe domande agitavano la mia mente.

Scoprivo inoltre che l’editore Bompiani aveva pubblicato anche tre edizioni di "Uomini e topi",e tre edizioni di "Pian della Tortilla", il primo a lire 10, il secondo a lire 12 , invece "Furore" era in vendita a lire 18.

Consultando la Treccani , leggo che "Furore" era stato pubblicato nel 1939 negli Stati Uniti, il film invece girato nel 1940. Quindi pochi mesi erano intercorsi tra la pubblicazione ed il film, che vinse poi due Oscar.

Era da pochi mesi terminata la guerra in Spagna, la vittoria di Franco era stata determinata dal vigoroso apporto del nazifascismo. In Spagna era iniziata la mattanza dei rossi.

Avevo tutte le notizie per iniziare una lettura analitica e storica del romanzo.

Un romanzo che fin dalle prime pagine narrava storie reali, lotte sanguinose , scioperi stroncati. Che cosa fosse l’America nel 1930, viene descritto pagina dopo pagina in un crescendo incredibile,come non ammirare la capacità di descrizione che ne fa Steinbeck.

Le lotte dei braccianti, i primi tentativi di organizzarsi per avere una paga decente, i primi caduti,un grosso libro che narra il drammatico viaggio della famiglia di Tom Joad verso la California. L’amicizia di Tom con Casy, un ex predicatore che diverrà in breve un organizzatore sindacale,per poco, infatti verrà ucciso a colpi di bastone, Tom vendicherà la sua morte uccidendo l’uccisore. A pagina 354 leggevo : "Rosso è un figlio di un cane, vuole 30 cents, quando noi paghiamo 25 cents." Un bracciante risponde: "Io non sono un figlio di un cane, anch’io vorrei 30 cents. Tutti quanti lo vorremmo i 30 cents. Siamo tutti rossi? Tom rise: Anch’io son rosso." Continuavo la mia lettura, a pagina 460 leggevo: "Gli scioperanti son tutti bolscevichi maledetti," risponde Casy: "Sentite voialtri non sapete quello che fate . Aiutate i padroni a far morire di fame i bambini." Pochi istanti, ancora poche parole, ed un uomo basso tarchiato darà un colpo di clava alla tempia di Casy uccidendolo, Tom prende la stessa clava che l’uomo; un certo George, aveva lasciata, e colpisce all’impazzata , sbagliando più colpi, ma infine lo colpisce con forza alla testa, poi altri tre colpi alla testa e l’uomo muore. Tom riesce a fuggire benché in molti lo inseguano. Si nasconde in un corso d’acqua, una roggia, dove la madre lo cercherà per portargli del cibo e sette dollari, per poter prendere un autobus ed allontanarsi. La madre di Tom è uno splendida donna piena di vigore e di bontà, forse il personaggio cardine della vicenda.

"Siamo vivi. Siamo il popolo, la gente che sopravvive a tutto. Nessuno può distruggerci, nessuno può fermarci, noi andiamo sempre avanti". Queste sono le parole che Ford fa pronunciare nel film alla madre nell’accomiatarsi dal figlio nella notte. Nel romanzo le parole in effetti sono più misurate e sono rivolte al marito che vive una profonda crisi: "E’ così che noi donne vediamo la vita, nessuno di noi muore del tutto: il popolo continua, con qualche cambiamento magari, ma continua."

Come è possibile che la censura fascista permettesse la pubblicazione di un tale testo, in cui le simpatie per le lotte operaie erano così manifeste?

In quel periodo moltissimi antifascisti italiani erano in prigione o al confine, non c’era nessuna indulgenza nei loro confronti, eppure si stampava e si vendeva un libro come “Furore”. Per di più per ben tre edizioni?

Possiamo formulare più ipotesi:

La censura non era così attenta, ed un romanzo di 554 pagine nessuno aveva la voglia di leggerlo.

Mettere sul dorso in chiara evidenza III edizione, poteva fungere da salvaguardia, si poteva presumere che il censore avesse già dato il nulla osta alle prime due edizioni, per cui la terza non aveva difficoltà a porsi in vendita.

I fascisti non leggevano molto, ma questa è una ipotesi un poco fragile.

Forse nella censura fascista viceversa c’erano dirigenti che amavano la letteratura americana, per tale ragione chiudevano un occhio , facendo passare un romanzo che aveva in se materia così incandescente, poco consona all’ideologia del momento.

Termino, facendo un plauso a Valentino Bompiani, che certamente fu un editore coraggioso.

30 giugno 2010